Da quell’ormai già lontano 13 marzo del 2013 Francesco Bergoglio ci ha abituato a vedere ciò che fa il papa di Roma stando fuori dagli schemi come sa stare lui fuori dagli schemi. Ci ha abituati a vederlo fare del rigido protocollo che, da sempre, ogni papa, deve osservare, qualcosa di variabile, di imprevedibile, di insolito. Accade da quando si affacciò, per la prima volta, dalla loggia della basilica vaticana, il giorno della sua elezione e disse ai tanti fedeli che affollavano piazza San Pietro quel semplice “buonasera!”. Come si può dirlo ad amici di vecchia data, come lo si dice per strada tra gente senza orpelli né ruoli da rappresentare dacché animati dalla più pura e semplice umanità. E, da quella sera, fu subito sintonia tra il nuovo papa argentino e i fedeli di ogni parte del mondo.
L’altro giorno, però, giovedì 11 aprile 2019, è accaduto qualcosa di eclatante che spiega anche, per intero, le altre cose accadute in questi anni che sono passate, spesso, lontano dai riflettori: gesti, azioni, iniziative inconsuete per un papa. Dalle telefonate sui cellulari di persone incontrate per caso nel corso dei suoi viaggi agli episodi della mensa di Santa Marta quando si è seduto assieme ai lavoratori che sono in Vaticano per consumare un pranzo frugale come gli altri.
L’altro giorno a Santa Marta, in Vaticano, nei luoghi dove Francesco Bergoglio ha deciso di vivere sin dal suo insediamento, era previsto un incontro al termine di un ritiro spirituale che coinvolgeva alcuni alti prelati impegnati per la causa della pace in Sud Sudan dove la situazione è ormai fuori controllo nella capitale Giuba e nelle altre zone del Sud Sudan, in guerra da dicembre 2013. Nonostante la firma di un cessate il fuoco, nel Paese si registrano esecuzioni sommarie, raid di gruppi armati, stupri di massa. Da febbraio, l’escalation di violenze ha raggiunto il suo massimo. Fides, l’agenzia delle Pontificie Opere missionarie, che i vescovi del Sud Sudan aveva riportato anche una dichiarazione molto allarmata alla fine di un incontro di tre giorni tenutosi nella capitale dal 26 al 28 febbraio scorso.
Rapimenti di civili. Raid armati. Carestia. Esecuzioni extragiudiziali. Questa era ed è la fotografia del Sud Sudan dall’inizio del 2019, nonostante il governo del presidente Salva Kiir abbia firmato il 12 settembre 2018 ad Addis Abeba il Revitalised Agreement on the Resolution of Conflict in South Sudan (R-Arcss), un cessate il fuoco con Riek Machar, ex vicepresidente e ora leader dei ribelli. L’altro giorno c’erano anche loro a Santa Marta assieme a Francesco Bergoglio e ad altri prelati impegnati per la causa della pace.
C’era un ritiro spirituale con le massime autorità religiose e politiche sud sudanesi ideato dall’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby. A Francesco era stato chiesto un saluto conclusivo ma, a dopo il discorso a braccio e le strette di mano, Francesco Bergoglio si è chinato in ginocchio e davanti a tutti ha baciato i piedi ai presenti: al presidente della Repubblica Salva Kiir Mayardit e ai vice presidenti designati tra cui Riek Machar e Rebecca Nyandeng De Mabior. Un gesto estremo che ha sorpreso gli stessi interessati, un modo eclatante da parte di un papa per chiedere a loro di prestare ascolto al grido di pace. Lo ha fatto come se fosse stato l’ultimo degli ultimi. Come di chi implora la pace a nome degli ultimi. Di chi muore, di chi soffre. Lo ha fatto come lo avrebbe fatto Francesco d’Assisi di cui decise, nel 2013, di portarne il nome.
Un acuto, si è trattato senz’altro di un acuto con il quale ritornano ad avere senso e significati tutti i gesti che Francesco ha compiuto a partire da quella volontà che lo portò a scegliere, nel 2013, primo papa nella storia della Chiesa, il nome di Francesco. La rivoluzione del papa argentino si compone di queste cose. Di un gesto che per molti sembrava persino esagerato ma che, visto dalla parte di chi si sente ultimo al servizio degli ultimi, non è affatto esagerato. Anzi. Sta qui il contenuto ed il valore della rivoluzione che Francesco Bergoglio, volendo realizzare all’interno della Chiesa, compie su di sé. E si chiama coerenza tra quello che un papa dice e quello un papa realizza, compie, decide di fare. Nella sequenza delle foto che seguono ci sono tutti i segni ed i significati di un gesto estremo che resterà nella storia. Nelle riprese video trasmesse dalla televisione vaticana ci sono anche le parole, le sue, prima di compiere un gesto dal significato dirompente perché esplicito che vuole pochi altri commenti e nemmeno la demagogia o la retorica di facile presa.