Di “amortalità” ha parlato Caterine Mayer, sin dalla copertina di un suo libro, che così si intitolava. Ma ne ha parlato però come ne possono parlare i profani. Quelli che fanno un dramma per le rughe del viso, quelle che hanno scelto il botulino e non ne fanno mistero. Quelli che si trasformano nel viso, nel corpo, nel modo di pensare ma poi si arrendono davanti all’evidenza dell’età che passa e dell’invecchiamento che ne segue.
Intanto, sulla quarta di quel libro l’intento e l’argomento sembrano del tutto chiari. Ma erano fuorvianti. “Se avete 40 anni e ve ne sentite 16, se ne avete 70 e ve ne sentite appena 30, con tutta probabilità siete degli amortali. Per definire la confusione con cui oggi tendiamo a percepire le età della vita, la giornalista Catherine Mayer, direttore del Time Europe, ha coniato il termine “amortalità”, descrivendo l’esperienza del vivere senza età che – da Madonna a Mick Jagger, Woody Allen e Mark Zuckerberg, da nostro padre e alla nostra vicina di casa – sta permeando in maniera trasversale il tessuto sociale”.
“Parlare di età – si leggeva ancora – è fuori moda e fuori luogo: gli amortali ignorano l’idea di vecchiaia perché non prendono in considerazione la morte. Il saggio della Mayer indaga l’impatto di questo mutamento e le sue profonde implicazioni nei concetti tradizionali di famiglia, amore, religione, ma anche di lavoro e consumi. Le conseguenze sono impreviste e imprevedibili, ma non sempre negative. Così, accanto a chi ricorre alla chirurgia estetica per fermare il tempo che passa, c’è chi vive ignorandolo perché impegnato, a dispetto dell’età, a progettare, immaginare, a vivere la vita con un senso sempre nuovo e autentico. E tu, sei amortale? Scoprilo con il test alla fine del libro”.
Fuor di libro, di vanità e di confusione, l’amortalità, quella vera, arriverà presto e a portarcela sarà la nanotecnologia. Gli esperti di nanotecnologia stanno sviluppando un sistema immunitario bionico composto di milioni di nanorobot, che potrebbero abitare dentro il nostro corpo, aprire i vasi sanguigni che eventualmente si bloccassero, combattere virus e batteri, eliminare cellule cancerose e persino invertire i processi d’invecchiamento. Qualche studioso, così, ha seriamente ipotizzato che entro il 2050 alcuni umani potrebbero diventare “amortali” (non immortali, perché potrebbero sempre morire per qualche incidente; ma amortali nel senso che, in assenza di un trauma fatale, la loro vita potrebbe prolungarsi indefinitamente).
In qualche modo e per intero potrebbe prendere forma e sostanza il progetto Gilgamesh. Nulla di cui spaventarsi. Se accadesse, come prospetta nel suo corposo “Sapiens” Harari sarebbe la prima volta che il genere umano avrebbe la certezza di aver vinto la morte che viene dalle malattie, dall’invecchiamento, dal corpo che si logora e si affanna. Dacché il corpo non si logorerebbe più. Non avrebbe più affanni. E nessuna malattia potrebbe più insidiare il genere umano come invece accade ora a qualsiasi età. Basterebbe questa, da sola, ad introdurre nella storia qualcosa che la storia umana non poteva prevedere. Simile o forse del tutto dissimile alle tante modificazioni che non potevamo affatto prevedere ma che sono accadute lo stesso e hanno cambiato in buona parte il corso degli eventi. In questo caso, ce ne accorgeremo subito. Ma dobbiamo ancora pazientare. Almeno 30 anni.