Mi dispiace Lilli, ma questa volta dissento da ciò che hai scritto e detto sulle donne
Il 27 ottobre scorso Lilli Gruber è stata ospitata da Fabio Fazio a “Che Tempo che fa” che quest’anno va in onda su raidue sempre di domenica sera. Presentava, in questa occasione, il suo ultimo libro dal titolo “Basta. Il potere delle donne contro la politica del testosterone.” Nel corso dell’intervista, che potrete rivedere qui, Lilli Gruber, della quale stimo, da sempre, il suo modo di fare giornalismo e, soprattutto, il suo stile umano e narrativo, sottolinea i motivi ed i contenuti del suo libro fresco di stampa. Di lei ricordo gli anni del Corso di Giornalismo e Tecniche audiovisive che frequentai a Roma per due lustri subito dopo la laurea in Filosofia conseguita a Napoli. A Roma in quegli anni, dal ’94 al ’96, ho potuto apprezzare, da vicino, i tratti umani, la professionalitá e la grande simpatia di Lilli Gruber che, in quegli anni, vedeva il suo astro brillare già da tempo dacché la conduzione del Tg1 era spesso sua. Questa volta, più di due decenni dopo, mi trovo a dissentire su ciò che il suo ultimo libro ed i temi che porta all’attenzione vorrebbero perseguire. Dopo la militanza politica ed una tornata elettorale che la vide candidata ed eletta, dal 2004 al 2008 Lilli Gruber è stata parlamentare europea, eletta dalla Lista Uniti nell’Ulivo, si dimise anzitempo per assumere, nel settembre 2008, la conduzione della trasmissione Otto e mezzo, tuttora in onda su LA7. Diventa sempre un peccato estremizzare in un ragionamento, in un libro una sola angolazione su un tema ed un problema grande quanto il mondo e così dibattuto da diverse angolazioni: la condizione delle donne. Se esse debbano imitare gli uomini (che Lilli chiama maschietti), sostituire in tanti altri luoghi (più di quanto già non sia accaduto) a loro le donne e, in questo modo, per propria natura, migliorare i luoghi, le imprese, gli uffici, le famiglie nelle quali, a dire di Lilli Gruber, esse sono. Insomma la “conquista” di quel potere che Lilli mette persino nel titolo.
Da Fabio Fazio le sfumature, le parole dette e non dette, i sorrisi d’ironia e di “ribellione” che Lilli Gruber ha portato con sé hanno detto molto di più di quanto si potrebbe credere. Provate e risentirla. Intanto, non mi trovo affatto d’accordo con lei che per migliorare il mondo e gli ambienti dei quali il nostro tempo si compone, anche restando solo all’Italia, si debbano chiamare le donne “a raccolta” per conquistare più potere possibile. E non mi trovo né a destra, né sono tra quelli che di Lilli Gruber non stimino molte altre cose di quello che è e di come porta avanti le sue “battaglie” culturali e professionali. Tre giorni fa’, nemmeno dalle pagine de il Giornale, che certamente non è mai stato a sinistra, mi è sembrato di leggere insulti o altro contro Lilli Gruber come, invece, lei ha detto di aver letto su testate ed ambienti ostili per ideologie e/o politica. Leggo quindi da il Giornale che… “come è facilmente intuibile dal titolo, il pamphlet – edito da Solferino – si scaglia contro il “machismo” al potere. Un saggio di quasi duecento pagine nelle quali la conduttrice di Otto e Mezzo su La7 se la prende con il maschilismo, sostenendo in tutto e per tutto le istanze del movimento femminista, italiano, europeo e globale. Poi, spazio al dramma del femminicidio: donne uccise, violentate, insultate online, ma anche tutte quelle donne penalizzate sul lavoro, nel merito e nei compensi, così da puntare il dito contro la disparità di potere uomo-donna in Italia e nel mondo. Il tutto spaziando dall’economia allo sport, passando per la politica e i fatti di cronaca. “Però, attenzione, è un libro di battaglie femministe, come non è un’opera contro i maschietti, bensì di giustizia e di democrazia”, ha raccontato la giornalista. Si tratta di un lavoro basato su fatti, numeri e anche – spiega la stessa autrice – su fatti personali. Raggiunta da Sette (il settimanale del Corriere della Sera), ha spiegato come questa sua ultima pubblicazione sia un’analisi del clima di arroganza e di odio – sia reale che virtuale, sui social network – che sfavorisce le donne e, allo stesso tempo, favorisce invece anche il dilagare del populismo e del sovranismo, minando – sostiene sempre la Gruber – le fondamenta dalla democrazia. E allora, come possono difendersi le donne? La ricetta “gruberiana” è presto detta: “Studiate sempre, studiate un sacco. Perché il lato positivo del lassismo impressionante di questi tempi è che incontrerete uomini impreparati. Quindi studiare, puntare sulle competenze e dimostrando il proprio valore. E, perché no, anche uscire e divertirsi insieme”. E poi, come riportato da Sette, dice: “Noi donne vogliamo il potere, ma anche le rose…”. Lo aveva detto, in verità, anche a “Che Tempo che fa” come potrete vedere. Mi sono sforzato di vedere uno spiraglio di futuro in una posizione che certamente non è solo la sua. Ma che Lilli sia caduta nella facile retorica di stampo femminista la trovo una distrazione d’intelletto. Lilli Gruber è stata ed è sempre molto attenta a carpire ciò che cambia nelle dinamiche sociali del nostro Paese. Questa volta non è accaduto così.
Più che il potere, che appare come una banale imitazione di un approccio maschile al reale che, per fortuna, sta diventato sempre meno incombente, le donne hanno la possibilità di insegnare agli uomini un modo diverso di guardare, vivere e cambiare la realtà. Dacché se di femminicidio molte donne muoiono è certo per la stupidità di certi uomini ma soprattutto perché nessun nuovo “patto sociale ed umano” siamo stati capaci di mettere in piedi tra uomo e donna. Non è bastato nulla fino a qui a realizzare questo nuovo e risolutivo “patto sociale ed umano”. Il potere, quello visibile nelle donne che sono al vertice della economia, delle università, della politica e delle istituzioni nazionali ed internazionali al pari del potere non visibile ma reale e forte di tantissime donne che “muovono i fili” ed il destino di famiglie, comunità, imprese, partiti ed istituzioni, locali e private, paradossalmente, è ciò che fa danno alle donne, agli uomini e al tempo che viviamo. La sfida, più difficile, più bella e più imprevedibile, è che le donne hanno, forse per la prima volta nella storia, la possibilità di farci capire che serbe saggezza, temperanza, lucidità, coesione, pluralismo e la capacità di un confronto che debba, per forza e sempre, trasformarsi in scontro. Una gara senza senso che sta mietendo solo vittime. Le donne, al pari degli uomini, quando il potere lo hanno possono fare, al pari degli uomini, molto danni. A loro, che per natura, è data la capacità di trovare sintesi, di vedere quel che conta, auguro, con il cuore, di non cercare il potere. Sarebbe troppo scontato e troppo simile a ciò che fanno gli uomini. C’insegnino la forza che hanno nel costruire legami, ambienti e dar vita a dinamiche migliori di quelle attuali nelle quali viviamo. Ovunque esse siano. Nella politica, nelle imprese, nella società, nella cultura, nelle istituzioni e, soprattutto, nelle famiglie dove, spesso, i nuovi equilibri tardano ad arrivare e si fanno danni incalcolabili soprattutto ai figli piccoli che ci capitano in mezzo. Una deriva che nei numeri, nella emwrgenza sociale che viviamo e nel fenomeno del femminicidio come del maschicismo di cui nessuno parla. Un deficit che si vede molto bene. Intanto, vi invito a guardare l’intervento della cara Lilli Gruber, a cui rinnovo, come a Roma più di due decenni fa, la mia stima per come porta avanti il mestiere più difficile ma anche più bello del mondo.