Noi siamo, come sempre e con fierezza, lontani dalla politica
Una folla immensa di persone ci fa pensare al gregge. Riusciamo con fatica a pensare che una folla immensa di persone non sia anche un gregge. O non possa trasformarsi in una dittatura come è accaduto, ahinoi tragicamente, tante e troppe volte nella storia. Non c’è stata una sola folla davanti alla quale non si sia fermato qualcuno che vive di politica a parlare di bene, di male, di buon governo, di giustizia e di legalità, dei poveri e delle difficoltà che gli emarginati, i dimenticati, i disoccupati hanno ogni giorno in ogni posto del mondo.
Per carità! Non veniteci a dire che la politica è un’arte nobile. L’arte nobile fu dei filosofi di ogni tempo che, disquisendo su quali virtù dovesse avere la politica, agognarono all’arte nobile che da essa poteva venire. Sognarono che la politica fosse stata davvero, prima o poi, la prassi di ogni arte nobile capace di mettere gli uomini gli uni accanto agli altri: assieme, vicini, liberi, inclusi ed eguali.
Diversamente, da quando gli umani fanno politica, la politica non è mai più stata un’arte nobile. Abbiamo conquistato piccoli traguardi. Abbiamo detto “no”, in tanti posti del mondo, alla schiavitù, alla prepotenza, alla tracotanza, alla barbarie, alla guerra. Ma in quanti altri modi e posti del mondo, oggi, la violenza, la barbarie, la prepotenza, la guerra, lo sfruttamento, la disuguaglianza dominano gli umani con altri umani e il loro tempo?
Come tutte le cose a cui gli uomini hanno “messo mano” (Dio, la fede, la giustizia, l’amore, il bene, la eguaglianza, la pace, la scienza, la carità, la solidarietà) anche la politica si è irrimediabilmente sporcata diventando, troppe volte, il suo opposto: un mercimonio, il vantaggio di alcuni a danno degli altri, la fazione, l’esaltazione del proprio ego, la corsa al primato, l’ingiustizia, la corruzione, la bugia, la clientela, il favoritismo, l’inganno. Per questi ed altri mille motivi abbiamo deciso di stare, come sempre, lontani dalla politica. Dacché alla politica non abbiamo mai chiesto niente. Non ci siamo mai candidati. Non abbiamo mai elemosinato un favore per noi stessi o per i nostri cari. Non abbiamo mai partecipato ad un concorso pur avendone titoli e competenze pur sapendo che ci poteva andar bene se coloro che erano stati raccomandati non avessero ricoperto tutti i posti disponibili. Non abbiamo mai accettato un vantaggio dai gruppi politici di ieri e di oggi. Né mai fatto campagna elettorale per qualcuno ma agito solo e sempre per un ideale di bene.
Noi non abbiamo mai accettato compromessi né posti di lavoro in cambio di voti né mai fatto finta di non vedere ciò che di squallido accadeva ed accade in politica. Non ci siamo mai dichiarati paladini dei poveri (come fanno certe fazioni della politica) anche quando siamo stati o siamo in condizioni di precarietà. Né ci siamo mai fatti paladini della giustizia traendo da queste bandiere d’idealità e di impegno civile un vantaggio elettorale, un primato del tutto supposto. Non abbiamo mai cercato nella politica ciò che non avevamo e non abbiamo.
Noi abbiamo fatto tutto questo e, per questo, abbiamo pagato e paghiamo un prezzo molto alto che mettemmo nel conto prima ancora di agire. Un prezzo che paghiamo continuando a stare fuori, lontano, estranei, distanti, con fierezza e convincimento, da ogni gruppo di potere, clan politico, partito o antipartito, confraternita, lobby d’interesse, comitato elettorale. Dacché contrariamente a quanto già sentito in giro, il potere (tutto e troppo umano) logora chi lo ha. Il potere logora sempre coloro che il potere esercitano.
Noi siamo convinti che la politica, per sua natura, doveva essere, era ed è compromesso, portatrice d’interessi che sono sempre personali e privati prima ancora che collettivi e pubblici. La politica doveva essere, è lo è, l’arte di corrompere gli animi, le intenzioni, le storie personali e collettive, le volontà, le azioni di chi alla politica si è dedicato e si dedica in maniera esclusiva e continua. La politica è per sua stessa ammissione compromesso, ricerca esclusiva di consenso, un vantaggio da acquisire tanto grande da contrastare i vantaggi dell’avversario. La politica è l’arte di rivendicare il diritto ad essere in prima fila quando si tratta di affidare incarichi, lavori, soldi, commesse, ruoli, coinvolgimenti. La politica è una corsa a dire la bugia che convince di più. La politica è un affare che porta frutti copiosi e risultati concreti a chi di politica vive nella misura in cui saranno capaci di mettersi al di sopra degli altri e di convincere che loro sono migliori di altri.
La politica è il posto migliore dove esercitare le proprie vanità, il luogo dove soddisfare la sete di potere e di gloria, dove arrecare vantaggio ai propri progetti, alle carriere che si fanno, al proprio lavoro, al bisogno di eternità e di apparenza che tutti abbiamo. Noi siamo stati lontani da tutto ciò mortificando, tutte le volte che occorreva ed occorre, i nostri difetti umani e troppo umani.
Noi siamo un mondo di fuori e di mezzo. In mezzo alle trame umane di chi cerca il proprio vantaggio personale. Siamo coloro che oppongono ogni resistenza all’effetto domino della pletora umana che vuole sempre e solo vantaggi e privilegi. Siamo una minoranza che si contrappone a coloro che parlano sempre e solo di diritti e mai di doveri. Noi sappiamo coniugare solo al plurale ciò che gli altri, quella fottuta maggioranza, coniuga sempre e solo al singolare. Da noi quel “noi”, nel bene e nel male, non diventa mai “io” o “tu” poiché è quel “noi” l’unico anelito di vita e di resistenza alla costruzione di una comunità inclusiva (che cioè non vuole né può escludere nessuno), umana e solidale, che non è mai esistita.