Mimmo Rubio, un altro giornalista minacciato in Campania

La peggiore politica, assieme all’indifferenza dei tanti, assieme alla tracotanza di chi dovrebbe essere cacciato dalle istituzioni e dal consesso civile e invece viene supportato e persino votato e rivotato. Politici e parenti di politici locali che assumono gli stessi atteggiamenti dei camorristi verso quei cronisti locali, quei pochi che non sono conniventi con loro, che si impegnano a raccontare realtà spesso degradate, inquinate, corrotte. Veri e propri delinquenti o, peggio, colletti bianchi, tangentisti, arroganti che usano tutto e tutti per i loro fini. Torre del Greco, Castellammare, Angri, Pagani, Salerno, Napoli, Sant’Anastasia, Acerra, Casapesenna, Casal di Principe o, questa volta, Arzano ai danni del collega Mimmo Rubio a cui va tutta la mia personale solidarietà e vicinanza. Storia di una regione, la Campania, che fa fatica a garantire l’esercizio di un mestiere difficile ma fondamentale, come tiene a precisare il presidente dell’ordine dei Giornalisti della Campania, Ottavio Lucarelli. Una regione che ha già pagato un prezzo alto e che continua ad essere colpita, più volte, nel diritto di avere cronisti liberi che possano documentare il marciume che viene spesso, oltre che dalle organizzazione criminali, proprio da chi si occupa e “occupa” la politica nelle comunità locali.

«Il giornalista Mimmo Rubio, già vittima di attentati da parte della camorra, è stato aggredito dal figlio dell’ex sindaco del Comune di Arzano, sciolto per camorra anche dopo le denunce dello stesso Rubio e del collega Giuseppe Bianco. Rubio era in via Napoli per un servizio da pubblicare sul sito Arzanonews, quando è stato avvicinato, minacciato e schiaffeggiato dall’aggressore. Domani il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, incontrerà il ministro dell’Interno, nell’ambito del coordinamento per la sicurezza dei giornalisti, al quale sottoporrà il caso. In Campania, dove i giornalisti sotto scorta armata sono ben cinque, c’è una vera e propria emergenza per l’informazione. Al collega Rubio va la solidarietà e il sostegno del Sindacato dei giornalisti che è pronto ad affiancarlo in qualsiasi sede”. È quanto affermano in una nota la Fnsi, il Sugc e l’Unci Campania.

Oggi, venerdì 10 gennaio, Mimmo Rubio ha provato a riannodare quanto è accaduto ieri. «Sconcertato – ha scritto Mimmo Rubio – per l’accaduto ma anche tanta rabbia nei confronti dei seminatori di odio, di avvelenatori di pozzi, di quelli che politicamente “armano” camorristi, pregiudicati e squilibrati.
Ieri in tarda mattinata mentre mi accingevo a svolgere un servizio giornalistico sulla Villa comunale di Arzano e su alcuni interventi di manutenzione del Comune per rimuovere dei pericoli stradali su via Napoli. Sono stato fisicamente e verbalmente aggredito da un individuo, un vigliacco, senza alcuna apparente ragione e motivo. Non aggiungo altro nel merito dell’episodio, oggetto di dettagliata denuncia, su cui stanno già lavorando gli investigatori dell’Arma dei Carabinieri (militari prontamente intervenuti sul posto appena allertati), per l’accertamento del grave accaduto e di ogni responsabilità. Colgo, invece, l’occasione, e mi scuso se non ho ancora risposto a tutti (sono ancora scosso per l’ennesima minaccia alla mia persona, al mio lavoro di giornalista e alla libertà di stampa su questi nostri territori incancreniti, dove non si ha più rispetto di nulla e di nessuno!) di ringraziare quanti, tantissimi, da ieri, amici, rappresentanti delle Istituzioni e delle forze dell’ordine, esponenti politici locali, regionali e nazionali, colleghi e rappresentanti degli organismi di categoria dei giornalisti, e tantissimi concittadini che mi hanno espresso solidarietà e vicinanza. Una riflessione, tuttavia, mi è da subito doverosa. C’è un clima nella città di Arzano avvelenato e pericoloso che merita la massima attenzione istituzionale. È allucinante che in una città gestita in questa fase direttamente dallo Stato, con due giornalisti, il sottoscritto e il collega del Roma Giuseppe Bianco, entrambi ancora sotto tutela per le minacce subite della camorra e dalla “politica-camorra” possano temere quotidianamente una aggressione, una minaccia alla propria libertà individuale, alla vita, ogni qual volta escono dalla propria abitazione. C’è un rigetto, anche culturale, di forma mentis, a rientrare sui binari della legalità (proprio ieri un altro esecrabile episodio in stile “anarchia” Gomorra (qui comandiamo noi!) ha visto, ad esempio, coinvolto il comandante della polizia locale, Luigi Maiello, minacciato in piazza Cimmino da un giovanissimo in sella ad uno scooter (testuali parole dialettali “t’ taglia a capa”) dallo stesso comandante bloccato prontamente poco dopo con un fermo da esperto ed abile poliziotto). Così come è gravissimo il tentativo di minaccia, e di delegittimazione, gestito probabilmente da un’unica regia”, da un vero e proprio “sistema” di affaristi e personaggi in rapporti con la camorra, nei confronti della Triade prefettizia, del comandante della polizia locale, di carabinieri, della Prefettura di Napoli. È già successo dopo il primo scioglimento per camorra con le minacce fatte all’epoca al Prefetto Ubaldi e nulla è cambiato da allora, anzi la situazione è peggiorata. C’è un sistema”, sotto il tappeto, che da decenni si muove con connubi dell’Antistato, e che si avvale di complici omertosi a vari livelli, alcuni dei quali insospettabili colletti bianchi, gente che “campa” intorno alla politica e al Comune. Sono un vulnus pericoloso in una comunità dove la stragrande maggioranza dei cittadini arzanesi, per fortuna, è fatta di persone perbene, oneste e rispettabili. E va estirpato, come quello culturale marcio di cui si alimenta, e che inquina i pozzi della vita pubblica . È quello che da sempre dice che la camorra non c’è nella città di Arzano, che non vede i mega abusi edilizi e le speculazioni milionarie, è quello che diffama in modo “anonimo” (?) e minaccia tutti coloro che non si piegano al “sistema” (coraggiosi dirigenti comunali, carabinieri, giornalisti, rappresentanti prefettizi e istituzionali). E dal periodo intorno al primo scioglimento per camorra, quello contornato dalle minacce (corredate di proiettili) al sottoscritto che scoperchiava gli intrecci tra politica locale e clan Moccia, con “roccaforte” il cimitero consortile, quello delle bombe all’ex presidente del consiglio comunale Capasso e delle vicende legate agli interessi del mattone, che si è instaurata una sorta di guerra tra bande “politiche” trasversale agli schieramenti. Un clima continuo di faide e rappresaglie all’infinito, alimentato da seminatori di odio, da pericolosi “avvelenatori” di pozzi. Sono questi ultimi quelli che attori e/o beneficiari diretti della politica “armano” camorristi e pregiudicati “squilibrati”. E sono quelli che in tutti gli avvenimenti gravi di questa città hanno quindi le maggiori responsabilità morali perché sono i veri mandanti, diretti o indiretti. Ed è dovere di noi tutti, in primis da cittadini, estirpare questo marcio. Per quel che riguarda specificamente noi giornalisti di trincea e sotto attacco in questa terra difficile, e maledetta, continuiamo a riporre massima fiducia nello Stato e nelle sue Istituzioni, affinché venga tutelata la nostra sicurezza e garantita sempre la libertà di stampa. Andiamo avanti, non ci facciamo intimidire da nessuno. Siamo figli di questa terra e lottiamo per essa.»

Fin qui il racconto e la denuncia di Mimmo Rubio. Il fenomeno è vasto e, ovviamente, riguarda tutti i luoghi d’Italia. Ma è soprattutto nelle regioni del sud dove le organizzazioni criminali fanno sodalizio con la peggiore politica pervasa, a sua volta, da corruzione e fenomeni loschi, da clientele e corruzione, il giornalismo libero diventa un intralcio, un fastidio, qualcosa da fermare. «Dall’inizio dell’anno – scriveva a maggio del 2018 Ossigeno – 76 giornalisti sono stati minacciati. A renderlo noto è Ossigeno per l’informazione, acronimo di OSservatorio Su Informazioni Giornalistiche E Notizie Oscurate, che ha “l’obiettivo di accrescere la consapevolezza pubblica di questo grave fenomeno che limita la libertà di informazione e la circolazione delle notizie”. Sul sito dell’organizzazione è presente un contatore  che tiene conto delle violenze subite dai giornalisti in Italia. Da gennaio a marzo ha registrato un incremento di 95 unità, di cui 19 casi risalgono agli anni scorsi, ma sono venuti alla luce solo recentemente. 76 sono stati i giornalisti colpiti, direttamente o indirettamente, da minacce fisiche, intimidazioni, rappresaglie o gravi abusi legali.

Secondo Ossigeno per l’informazione, in totale dal 2006 i giornalisti minacciati sono stati 3.603, ma, come emerge dal Rapporto 2011, la situazione è molto più grave. Si conosce solo una minima parte del fenomeno: per ogni giornalista minacciato di cui si viene a conoscenza, altre nove storie rimangono sconosciute. Il totale quindi si aggirerebbe intorno ai 30.000. Minacce, intimidazioni, bavagli sono molto frequenti nei paesi autoritari o di giovane e incerta democrazia, come Russia o Messico. Lo stesso avviene però anche in un paese di lunga tradizione democratica come l’Italia, caso isolato nell’occidente. In Italia negli ultimi cinquant’anni sono stati assassinati undici giornalisti per fatti di mafia e terrorismo, l’ultimo nel 1993; sono centinaia i giornalisti imbavagliati e minacciati. Perciò all’estero si parla del “caso italiano”, in quanto l’informazione giornalistica è ostacolata da gravi impedimenti, diffusi più che in qualunque altro paese europeo di consolidata democrazia e con una storia e un sistema legislativo analoghi.

I giornalisti che subiscono maggiori rischi non sono i corrispondenti di guerra, bensì i giornalisti che lavorano in paesi in pace come l’Italia; sono quelli che si occupano di cronaca, sono corrispondenti locali dei giornali a diffusione nazionale. In tutto il mondo, tra il 2006 e il 2016, 827 giornalisti sono stati uccisi mentre stavano svolgendo il proprio lavoro, di cui 213 nel biennio 2014-2015. Il 90% degli omicidi è rimasto impunito, esponendo ancora di più i giornalisti alle violenze. Il Rapporto Unesco del 2010 mette in luce un altro aspetto fondamentale:

l’assenza di minacce ai giornalisti è la condizione essenziale per tutelare il diritto dei cittadini ad avere informazioni attendibili e per proteggere, allo stesso tempo, il diritto dei giornalisti di fornirle senza timore per la loro sicurezza personale. L’uccisione dei giornalisti, sebbene costituisca il più grave attacco alla libertà di stampa è solo la punta di un iceberg. Gli informatori professionali devono fronteggiare molte altre forme di violenza, quali minacce, intimidazioni, rapimenti, molestie e aggressioni fisiche.

Tutti, società civile, singoli cittadini, istituzioni, occorre si adoperino per tutelare la libertà di chi, mettendo a rischio la propria incolumità, svolge un mestiere che è cruciale nelle grandi città come, e ancora di più, nelle comunità più piccole. Bisogna isolare quelli che usano l’insulto, la violenza verbale e fisica per fare politica o, persino, informazione da pagine facebook che pullulano di “santoni” e delinquenti conniventi dei peggiori che del giornalismo serio e documentato non sanno nulla.

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