Persi dentro le nostre mille fragilità cerchiamo un modo per capire…
Nasciamo per caso. Un puro caso. Umano, genetico, biologico. Nasciamo da due persone che restano, pur sempre, estranee tra di loro. Impegnate, loro, a ritrovarsi mille volte tutte quelle volte che si perdono. Che vanno in crisi. Che cercano altre ragioni per stare assieme una vita intera al di là della ragione di coloro che hanno messo al mondo. E noi, come loro, mettiamo al mondo altri figli allo stesso modo, sopra le stesse fragilità.
Ci siamo persi in mezzo alle nostre fragilità. Fragile è la vita che ci mette al mondo. Fragile è l’amore che lega gli essere umani. Fragile è il motivo che ci fa credere in qualcosa: Dio, la politica, la giustizia umana, la solidarietà, la bellezza, l’amicizia, la vita eterna, l’amore, il tutto o il nulla! Una bandiera, una famiglia, una patria. Potremmo smontare, pezzo per pezzo, ognuna di queste cose. Minarne l’oggettività, mostrarne i vuoti immensi, i dubbi, persino, l’insensatezza. E fatto questo rimanere in mezzo al mare della vita senz’àncora che tenga.
Fragile è il modo con cui possiamo dimostrare a noi stessi e ai nostri simili che ciò in cui crediamo abbia un vero fondamento, un senso, la coerenza della nostra vita, la possibilità che ciò in cui crediamo può sfidare gli ostacoli della vita e della morte. Già. La morte.
Fragile è la vita che, per sua natura, per sua stessa costituzione, va verso la morte dal giorno stesso in cui mettiamo piede al mondo. Lo stesso identico destino delle cellule dei cui siamo fatti: nascono per decomporsi, nascono sapendo di morire. Come le stagioni che attraversiamo.
Mi sono perso nelle fragilità che abbiamo attorno, accanto, dentro i pensieri che ci danno vita. Mi sono perso a riassumere ciò che può restare, che può durare poco più a lungo di una stagione e avere la stessa credibilità del giorno in cui venne al mondo. Mi sono messo a contare le volte in cui il bene si rovescia nel male e viceversa senza far diventare un tale ardito esercizio, che m’insegna maestra filosofia, la notte di ogni ragione. Fragile è ciò che appare vero e non lo è. Fragile è resistere alla pesantezza, alla noia di un copione che si ripete ogni giorno e mi mette davanti l’indegno spettacolo del mondo, la banalità del male, l’incapacità dei miei simili di guardare al di là del loro naso, le loro perversioni, i loro meschini interessi che ammantano d’oro ciò che è miserabile per far sembrare ciò che fanno atti d’altruismi. Fragile è la forza che mi costringe a trovare nuovi motivi per consentirci di andare “oltre”. Fragile è il tentativo di capire dove siamo e cosa dobbiamo aspettarci. Immaginare quale via d’uscita ci verrà incontro. Una via risoluta capace di farci (ri)nascere davvero. Fragile è continuare a ritenere che ciò che abbiamo scelto sia stata la cosa giusta. E se ciò in cui abbiamo creduto può ancora avere un valore. Fragile è il tentativo di mettere assieme i pezzi migliori della vita che abbiamo vissuto e dare a quelli un senso, il valore di una forza motrice.
Ci richiediamo così, assieme a Laura Mazzeri, “qual è il senso di un discorso sulla fragilità?” Se lo chiede anche lo psichiatra e filosofo Eugenio Borgna che lei stessa ha recensito. “Una domanda che Borgna si pone, come incipit, persino nel suo “prezioso” piccolo libro La fragilità che è in noi.
È appoggiato sul comodino. Certe sere lo sfoglio, lo annuso, scrivo un appunto a margine, un segno, una freccia di collegamento tra il testo e piccole mie parole sparse, un emoticon tracciato a matita (faccina sorridente, perplessa, impaurita o furibonda). La semplice e disarmante risposta è che “la fragilità fa parte della vita, ne è una delle strutture portanti (…) ne è una condizione normale”. Tra la domanda e la risposta ognuno di noi potrebbe scrivere il racconto della propria vita, in tutti quegli aspetti fragili che, di solito, tendiamo a nascondere agli altri e finanche a noi stessi. E anche quando non vengano del tutto nascosti, difficilmente riescono a sfuggire (per dirla ancora con Eugenio Borgna) “al fascino stregato del pregiudizio che nasconde in sé un segreto disprezzo per la debolezza che si manifesta nella vita incrinata dalla malattia, dagli handicap e dalla condizione anziana.” … e aggiungiamo pure dalla tristezza, dalla malinconia, dalla timidezza, dai fallimenti e dalle sofferenze dell’abbandono e del lutto, della lontananza forzata dei migranti.
Il pregiudizio è una falsa credenza che ognuno costruisce per non farsi toccare dalla complessità e dai dolori che la vita stessa, nel suo svolgersi, porta con sé. Non ci fa piacere riconoscerci anche fragili. Quindi costruiamo giudizi a priori e diventiamo automaticamente giudici (di noi stessi e degli altri).
Neppure desideriamo scorgere aspetti fragili nei genitori, nei figli, nel compagno e nell’amico più caro perché le stigmate della fragilità che riconosciamo in loro potrebbero entrare in risonanza con le nostre. E allora a quel punto dovremmo accorgerci della nostra personale fragilità e occuparcene.
Ho cercato sul dizionario etimologico la parola fragile. La cosa è interessante perché, a differenza di un normale dizionario, ogni parola viene definita dai significati sedimentati nel corso del tempo. È quella che viene chiamata “etimologia remota”. Ed ecco cosa salta fuori: che si rompe facilmente (1304/13); debole, gracile, delicato (1292); facile a cadere ai vizi e alle tentazioni (1304); caduco (1332). Nel dizionario per bambini che mio figlio utilizza alle elementari, fragile è definito così: che si può rompere facilmente, debole, delicato, inconsistente, labile. In un moderno dizionario fragile è descritto in vari modi, tutti negativi. Che si rompe facilmente. Poco robusto, poco resistente; debole (un fragile riparo; opporre una fragile resistenza; una ragazza fragile; salute fragile). Facile a cadere in fallo, facile alle tentazioni (la fragile natura umana; la carne è fragile). Passeggero, inconsistente (una fragile speranza, fragile grandezza. Effimero). Riferito a un ragionamento, a un pensiero, che ha scarso fondamento, che può essere facilmente confutato.
Bisogna rivolgersi a un Dizionario Analogico – come ci suggerisce Borgna – per avere un’estensione del significato. Non ho resistito alla curiosità. Ho acquistato un Dizionario Analogico e mi si è aperto un mondo di parole flessibili: i significati qui sembrano meno rigidi, meno inchiodati a un destino. Man mano che leggo, la parola fragile si svincola dalla gabbia della negatività per diventare anche qualcos’altro: delicato, vulnerabile, sensibile, ipersensibile. Siamo nella logica dell’apertura di significato: non una cosa o l’altra (il mono pensiero) ma, invece, una cosa e l’altra (i pensieri diversi che abitano nella stessa persona). A questo punto della mia piccola ricerca mi sento più rilassato; posso contenere dentro di me questo & quello: gioia & malinconia, fiducia & scoramento, salute & malattia, forza & fragilità. Soci per sempre”. Non è una soluzione definitiva. Qui la soluzione non c’è. Non c’è nulla di definitivo. Persino quando riusciamo a contenere i riflessi del pensiero catastrofico che vive, con toni e sfumature diverse, in ciascuno di noi. Qualcuno lo sa e lo tiene a bada. Altri non sanno neppure e si perdono più a fondo per ritrovarsi di rado. Magari un giorno accade che ci ritroveremo.