Di questo giorno, come fosse ieri, come fosse oggi, io Paolo Borsellino lo ricordo con le parole e la sua stessa voce per un discorso che è per me il testamento civile e morale di tutti coloro che vivono e agiscono in Italia contro ogni mafia, la corruzione, la connivenza. Non c’è discorso più vero e più reale di ciò che Paolo Borsellino disse in occasione del trigesimo della morte di Giovanni Falcone ed esattamente un mese prima che lui stesso venisse ucciso con i ragazzi della sua scorta oggi 19 luglio ma del 1992.
“Sono morti per noi e abbiamo un grosso debito verso di loro. Questo debito dobbiamo pagarlo, gioiosamente, continuando la loro opera, rifiutando di trarre dal sistema mafioso anche i benefici che possiamo trarne, anche gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro, facendo il nostro dovere.
La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.
Ricordo la felicità di Falcone, quando egli mi disse “la gente fa il tifo per noi!”. E con ciò non intendeva riferirsi soltanto al conforto che l’appoggio morale della popolazione dà al lavoro dei giudici. Significava qualcosa di più, significava soprattutto che il nostro lavoro stava smuovendo le coscienze”.
Paolo Borsellino, Palermo 19 gennaio 1940 – Palermo 19 luglio 1992
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