Primo: evitare crociate contro i negazionisti. Secondo: evitare crociate contro gli allarmisti. Terzo: evitare di mettersi a fare i virologi senza essere virologi o scienziati senza essere scienziati. Quarto: evitare di sparare addosso alla politica anche quando essa dice bugie o amministra molto male. Quinto: evitare di sparare contro chi per mestiere scrive, documenta, fa reportage e con il giornalismo prova ad informare su ciò che accade.
La verità, su tutto e tutti, è che questa della pandemia è un’esperienza estrema. Unica nel suo genere su scala così globale nella storia del mondo contemporaneo. Davanti ad essa, sin dall’inizio, siamo stati totalmente impreparati. Ora che le seconda ondata è in atto in molte parti d’Europa e del mondo rifacciamo in conti con un virus su cui si è detto tutto ed il contrario di tutto. E nessun vaccino o cura efficace è ancora arrivata. Il tema è complesso e mobilita la politica, l’economia, la medicina e la scienza. Divide pareri contrari e cambia la storia in diretta come è già accaduto. Intanto i morti che abbiamo contato in Italia e nel mondo sono tanti e mettono ancora paura.
Nel frattempo, l’Italia della seconda ondata da covid 19 è molto più confusa di quella della prima ondata quando gli italiani si sono stretti e uniti per affrontare il primo lockdown. Si tratta di un’Italia più povera dopo i danni economici che la prima ondata ha causato. Doveva essere un’Italia più preparata ad affrontare quello che abbiamo davanti e forse in molta parte lo è. Ma è anche più confusa. Lo dice anche una persona che ho conosciuto da poco e stimato per diversi motivi che oggi ha fatto capolino con una intervista sul Corriere della Sera che ho condiviso. Si tratta del professor Giorgio Palù, un’autorità indiscussa nel campo della virologia, professore emerito dell’Università di Padova e past-president della Società italiana ed europea di Virologia. Ho voluto riportare qui lui e non i suoi tanti e diversi colleghi che hanno aperto fronti d’opposizione, del resto inevitabili, nel dibattito scientifico che di è aperto sul tema del Codiv. «Confusione: se – afferma Giorgio Palù – si dovesse riassumere, in una parola, la situazione Covid-19 in Italia oggi, questa sarebbe la più indicata, almeno nella testa della gente. Come uscirne? Intanto partiamo dalle impressionanti cifre dei bollettini giornalieri: ieri (venerdì 23 ottobre 2020 ndr) si parlava di 19.143 contagi o, in alternativa, di casi oppure di positivi, tutti intercettati con i famosi tamponi. In crescita esponenziale». Eppure la crescita esponenziale dice altro. Dice, per esempio, come dice Palù, che «C’è tanto allarmismo. E che è indubbio che siamo di fronte a una seconda ondata della pandemia, ma la circolazione del virus non è mai arrestata, anche se, a luglio, i casi sembravano azzerati, complice la bella stagione, l’aria aperta, i raggi ultravioletti che uccidono il virus. Poi c’è stato il ritorno dalle vacanze, la riapertura di tante attività e, soprattutto, il rientro a scuola». Un trend inevitabile che si poteva ampiamente “programmare” tra i punti che la politica avrebbe dovuto gestire. E, invece, la politica, per prima, si sta facendo travolgere dall’onda allarmista, emotiva che ha contraddistinto l’inizio della prima fase. Evocando scenari di chiusure totali che le famiglie, l’economia reale del Paese non si può consentire nuovamente. Giorgio Palù lo dice da virologo ma apre anche ad altro. «Sono contrario come cittadino perché sarebbe un suicidio per la nostra economia; come scienziato perché penalizzerebbe l’educazione dei giovani, che sono il nostro futuro, e come medico perché vorrebbe dire che malati, affetti da altre patologie, specialmente tumori, non avrebbero accesso alle cure. Tutto questo a fronte di una malattia, la Covid-19, che, tutto sommato ha una bassa letalità. Cioè non è così mortale. Dobbiamo porre un freno a questa isteria».
Una posizione, quella di Giorgio Palù, certo non maggioritaria, in questo momento, ma condivisa da tante altre angolazioni che stanno guardando all’ipotesi di un nuovo lockdown. Il virologo padovano ce spiega anche i motivi della sua contrarietà ed entra nel merito dell’aumento veloce dei casi registrati in Italia in questi giorni. «Ecco, parliamo di “casi”, intendendo le persone positive al tampone. Fra questi, il 95 per cento non ha sintomi e quindi non si può definire malato, punto primo. Punto secondo: è certo che queste persone sono state “contagiate”, cioè sono venuti a contatto con il virus, ma non è detto che siano “contagiose”, cioè che possano trasmettere il virus ad altri. Potrebbero farlo se avessero una carica virale alta, ma al momento, con i test a disposizione, non è possibile stabilirlo in tempi utili per evitare i contagi».
Palù si sposta ancora più avanti nel ragionamento. «Quello che veramente conta è sapere quante persone arrivano in terapia intensiva: è questo numero che dà la reale dimensione della gravità della situazione. In ogni caso questo virus ha una letalità relativamente bassa, può uccidere, ma non è la peste».
Il caso della Campania e l’atteggiamento allarmista assunto dal presidente della Regione Vincenzo De Luca spiega molto bene quale e quanta confusione sta facendo la politica sul tema della seconda ondata. Un governatore che ha chiuso le scuole da subito ricalcando le stesse prassi assunte nel corso della prima ondata come se nessun tempo fosse passato da allora. Che non potendo migliorare i trasporti in una regione dove i trasporti pubblici (quelli sui quali salgono i ragazzi per andare a scuola) sono un disastro, ha fatto la cosa più semplice: negare il diritto ad una scuola in presenza (l’unica che serva davvero) ai tantissimi bambini e ragazzi delle elementari e delle superiori. Che non potendo migliorare davvero la condizione degli ospedali campani o aumentare il numero dei posti letto in caso di ricoveri eccessivi ha palesato un lockdown imminente come se quello fosse la soluzione al momento di gravissima difficoltà dell’economia di una regione in affanno perenne e carenza di lavoro. Campania a parte, altre regioni stanno andando, sbagliando rotta, esattamente nella stessa direzione con danni che potrebbero essere molto più gravi della minaccia che vogliono colpire. La politica è in ritardo su molti fronti e, come sempre, i modi più veloci come quelli delle chiusure indistinte, sono anche i più facili. Poco importa se essi portano danno ai ceti medi e fragili, alle fasce più deboli, all’economia che arranca di chi deve lottare per arrivare a fine mese. Quando tutto questo sarà finito più poveri ci saranno più la politica potrà trionfare con le prebende di soldi pubblici che trasformano, pur sempre, il voto libero in un voto di scambio.
Qui di seguito, l’intervento di Giorgio Palù in una videointervista di questi giorni sul finire di ottobre.