Nuccio Ordine nella sua docenza universitaria e, soprattutto, nelle sue lezioni tenute in giro per l’Europa si era ispirato a Giordano Bruno e Tommaso Campanella. Radici natie che avevano reso grande nel mondo la Calabria, sua regione di nascita e di lavoro. Si è spento poche ore fa improvvisamente a soli 64 anni per un malore improvviso. Restano le sue opere e le tracce rinvenibili ovunque delle sue lezioni come dei suoi discorsi, di cui mi piace dare qualche accenno.
Si batteva Nuccio Ordine che sembrava un leone in mezzo ad un tempo che auspicava diverso. “L’utilità dell’inutile” edito da Bompiani, era stato il suo best seller ma anche altri libri/percorsi di vita e di cultura avevo voluto portare all’attenzione dei suoi alunni come dei suoi lettori. Lo aveva fatto convinto di andare ben oltre i suoi 64 anni tanti quanti quelli vissuti ed arrivati al capolinea inaspettatamente. Come accaduto poche ore fa per colpa di un malore improvviso che ne ha reciso la vita. Nuccio Ordine, all’anagrafe Nuccio Diamante Ordine era nato a Diamante il 18 luglio 1958 e vissuto fino a ieri, 10 giugno 2023, il giorno in cui è morto a Cosenza con un’agenda fitta di impegni prossimi. Storico della letteratura, è stato critico letterario e saggista italiano. Professore ordinario di letteratura italiana presso l’Università della Calabria, dove si era laureato nel 1982 discutendo la tesi con Giulio Ferroni. Era considerato anche “il saggista italiano più conosciuto nel mondo”, e uno dei massimi studiosi del Rinascimento e di Giordano Bruno. Di lui, il filosofo francese del Pierre Hadot, membro del Collège de France, ha scritto: «Nuccio Ordine, ben noto ai lettori per i suoi eccellenti lavori su Giordano Bruno, è anche uno dei migliori conoscitori attuali del milieu sociale, artistico, letterario e spirituale dell’età del Rinascimento e degli inizi dell’Età moderna». I suoi libri (in particolare il best seller L‘utilità dell’inutile, presente in trentadue Paesi) sono stati tradotti in numerose lingue tra cui cinese, giapponese, arabo, turco, russo e basco.
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Scriveva che “per costruire ponti tra i popoli e sostenerne la crescita economica e sociale, esiste uno strumento infallibile da secoli: l’interscambio. Con il ferro delle lame molte civiltà, in passato, si sono imposte su altre ma i vincitori raramente sono riusciti a sostituire l’identità dei vinti con la propria solo attraverso l’utilizzo spregiudicato del potere”.
Solo poco più di un anno fa Nuccio Ordine, dagli schermi di LaC, aveva risposto con disarmante schiettezza – e con il sorriso sulle labbra – a una domanda strettamente provocatoria: qual è, oggi, il ruolo degli intellettuali di fronte alle ingiustizie sociali e ai conflitti che insanguinano i Paesi a oriente della nostra Europa? Come devono porsi gli uomini di cultura al cospetto della corsa sfrenata all’arricchimento e all’accumulo scriteriato che desertifica le coscienze e impoverisce la società? Nell’unico modo in cui un intellettuale e uomo di cultura, se davvero vuole definirsi tale, potrebbe agire: con la contrapposizione netta e la denuncia diretta. Una grande lezione di vita, la sua. Una concezione della realtà non riconducibile all’improvvisazione che muove i passi quotidiani di chi oggi detiene il potere a ogni latitudine, ma frutto di decenni di studi ed esperienze messe a confronto con le esperienze di altri intellettuali di mezzo mondo. Intellettuali impegnati, ovviamente, non avvezzi alla contemplazione decontestualizzata dalla società circostante.
Gli si chiese “quale è secondo te, la spiegazione dell’enorme successo del tuo manifesto a favore dell’inutile? Rispose: “Secondo me, certi libri hanno la fortuna di venire concepiti e quindi pubblicati in un momento in cui sembra avvertirsi la loro esigenza, in cui sembra vi sia la necessità di richiamare l’attenzione su un ordine di problemi diffusamente avvertiti e che sono arrivati al punto di avere bisogno di essere concettualizzati. Questo libro è un grido di allarme contro un fenomeno dilagante che sta invadendo le nostre vite; è un tentativo di riabilitare parole come «gratuito» e «disinteressato» che sono ormai sparite dal nostro lessico quotidiano. Ho scritto questo libro perché volevo mostrare ai ragazzi che il gratuito e il disinteressato sono cose essenziali all’umanità. Io da ottobre dello scorso anno tengo conferenze in due o tre licei italiani a settimana per presentarvi «L’utilità dell’inutile». Da Treviso a Messina ho avuto modo, in questi mesi, di dialogare con migliaia di studenti e con tantissimi docenti. Ho raccolto ancora una volta il disagio di una comunità che non soffre solo la crisi economica ma che soffre soprattutto il progressivo processo di burocratizzazione e aziendalizzazione delle scuole: i giovani allievi non ritrovano nell’insegnamento che viene impartito il legame tra le discipline studiate e la loro vita, e la classe insegnante è umiliata economicamente e socialmente. Oggi la crisi che stiamo vivendo è una crisi soprattutto morale, non economica. E il mio libro parla appunto di questa crisi e desta l’adesione di tutti quelli che la crisi la sentono ma forse non trovano le parole per esprimerla”.
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