Quei bambini maltrattati che hanno subito danni irreversibili al cervello
I numeri sono da sempre stati chiari: sono milioni in bambini in tutto il mondo che vivono in istituzioni non familiari. Ora uno studio Proceedings of the National Academy of Sciences. li ha monitorati. Ha raccolto dati, testimonianze e tratto alcune osservazioni che, di certo, non fanno stare tranquilli. Si è studiato l’impatto sulla struttura del cervello adulto in bambini che hanno subito forme di privazioni particolarmente gravi anche se limitate ai primi anni di vita prima, cioè, che venissero adottati in famiglie che ne hanno reso più normale la vita. Teatro di tali fenomeni è stata la Romania della dittatura quando le strutture erano obsolete e vetuste quindi incapaci di garantire ai bambini la minima normalità che la loro età richiedeva.
I bambini che vissero forme estreme di abbandono e deprivazione hanno poi dovuto sperimentare sulla propria pelle una riduzione del volume cerebrale duratura, visibile anche in età adulta e apparentemente non sanata dalla neuroplasticità – la capacità del cervello di modificare la sua struttura in funzione delle esperienze vissute.
Lo studio, basato sulle scansioni cerebrali di decine di “orfani di Ceauşescu”, giovani adulti che trascorsero la prima parte dell’infanzia negli orfanotrofi sovraffollati e fatiscenti della Romania durante il regime comunista di Nicolae Ceauşescu (1966-1989).
Si stima che fuono almeno 100 mila quei bambini costretti a vivere anni (i primi anni della loro vita così fragili e delicati) in condizioni disumane. Si era già compreso che quegli stessi bambini avevano difficoltà cognitive che solo in minima parte l’età adulta è riuscita a ricucire. Decine di testimonianze con sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), con ansia e depressione sono state raccolte in questi ultimi decenni fino allo studio che ha raggruppato il senso con dati incrociati, testimonianze, esami radiologici, tomografie. A lavorarci è stato un gruppo di scienziati del King’s College London che ha poi analizzato le scansioni cerebrali di ben 67 orfani che dalla Romania sono arrivati nel Regno Unito adottati da famiglie britanniche nelle quali hanno dovuto superare (solo in parte) i traumi subiti nel corso dei mesi (dai 3 ai 41 mediamente) vissuti nelle gravi condizioni di abbandono e privazione dei diritti fondamentali che di fatto offrivano le strutture rumene. Così dopo aver esaminato la scansione della imaging cerebrale fatta su ragazzi (compresi tra i 23 e i 28 anni) e vissuti in quelle condizioni di privazione prima di arrivare in Gran Bretagna, il gruppo di studiosi li ha confrontati con quelli di ben 21 coetanei adottati all’interno del Regno Unito ma entro i sei mesi di età. Ebbene, i giovani del primo gruppo, soggetti per più lungo tempo alle privazioni in patria, hanno mostrato un volume cerebrale dell’8,6% inferiore rispetto a quelli del secondo gruppo. Di fatto si è calcolato che ogni mese in più trascorso in condizioni di deprivazione estrema era collegato a una riduzione ulteriore di volume cerebrale di 3 cm cubi. Da questa prospettiva si può spiegare anche il fenomeno dei disturbi cognitivi riscontrati negli studi passati.
La Romania di Ceaușescu fu fedele al dogma della popolazione in crescita come volano per lo sviluppo economico. Non a caso nel 1966 in dittatore rumeno dichiarò fuori legge l’aborto per le donne che avevano meno di 42 anni e non avessero ancora “almeno” quattro figli. Chi evitava di fare figli o sosteneva poche nascite fu considerato colpevole di diserzione; la contraccezione fu ostacolata e i divorzi divennero sempre più difficili da ottenere. Si costrinse persino a far pagare tasse coloro che non avessero messo al mondo a favore della patria dei figli. Il risultato fu quello di aggravare tante famiglie che già versavano in condizioni di povertà e che, per questo, si vedevano costrette a portare i loro figli nelle strutture pubbliche dove mancava ogni genere di normalità. Dove la luce ed il riscaldamento erano intermittenti e le malattie non curate. Dove c’era scarsità di cibo e qualsiasi assenza di attenzione che curasse quei bisogni emozionali. Questo immane squallore (lo stesso che tocco anche ad altre nazioni dell’Est Europa sotto dittature) venne fuori quando cadde il regime e ogni volta che i segni di quel passato ritornano in dati nudi e crudi come questi.