Nove marzo 2020 e la nostra vita cambiava. Un anno dopo…

Ore 21 di lunedì 9 marzo 2020. E ciò che sembrava impensabile, lontano e del tutto surreale, quella sera, arrivò nelle nostre case in conferenza stampa con il volto e la voce dell’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. L’Italia entrava così in lockdown e gli italiani apprendevano a vivere come sospesi nel tempo, chiusi nelle case, affacciati dai balconi, come poi avverrà, per darsi coraggio, per intonare una canzone o l’inno nazionale simbolo e segno di unità nazionale. Il virus venuto da Wuhan cambiava le nostre abitudini da profondo e ci faceva entrare in un tunnel dentro il quale siamo ancora. Con le strade deserte e silenziose che accompagnarono le settimane, i mesi successivi. Con i negozi chiusi e con la vita sociale relegata al ricordo, all’impossibilità di stringersi la mano, di darsi un abbraccio, di ritrovarsi per un caffè. Poco dopo, nello stesso destino, finivano gli altri Paesi europei che conosceranno il loro lockdown, i morti, il silenzio delle città e dei borghi. E venne il tempo in cui tutto sembrava buio pesto. Le strade, le piazze, i quartieri vuoti. Nessuno partiva, nessuno tornava se non quelli rimasti fuori o lontano da un momento all’altro. Il tempo dei porti chiusi e delle misure straordinarie. E vennero i giorni della Pasqua e quello in cui il Papa, da solo, percorreva gli spazi vuoti e surreali di piazza San Pietro nella settimana santa. Li ho messi in fila quei momenti per riproporveli qui così come apparsero.

Un anno dopo, martedì 9 marzo 2021, il virus maledetto condiziona ancora le nostre vite, la nostre abitudini sociali, l’economia, i viaggi, le libertà personali. Il prezzo pagato è altissimo. In Italia si contano 100 mila morti per Covid fino ad oggi. Centinaia le attività che hanno chiuso, costretti a farlo dalla crisi sopraggiunta. Intanto, in mezzo a molto buio che ancora ci circonda per l’arrivo della terza ondata che sembra più virulenta e perfida delle altre per l’azione delle varianti, piccole luci dentro al tunnel nel quale ancora siamo. Stamane il nostro Sergio Mattarella, un grande presidente della Repubblica, uomo mite e autorevole, è andato a vaccinarsi presso lo Spallanzani, nosocomio romano reso ancora più noto da questa pandemia. Era il suo turno e lui si è messo in fila. Seduto in attesa assieme ad altri italiani comuni. Prima di lui, in queste settimane, si sono vaccinati già, in ogni posto d’Italia, centinaia di operatori sanitari, di docenti ed altri che in questi giorni si stanno facendo inoculare uno dei vaccini approvati e disponibili. Ma il cammino è ancora avanti dacché milioni di italiani sono ancora da vaccinarsi.

Le aziende del turismo che hanno navi e flotte aeree hanno un bisogno urgente di vedere oltre e stanno già aprendo scenari futuri. Intravvedono il “dopo”, quel tempo quando ci sarà la voglia di ripartire e di viaggiare di nuovo per i posti del mondo. Il futuro prossimo venturo potrà riportarci, finalmente, alla normalità: quella che non avevamo apprezzato mai come ora, quella che ci manca ora più dell’oro come ai cercatori del metallo prezioso. Quando tutto questo sarà finito potremo poi anche fare un bilancio attendibile: più serio, più reale, più profondo. Intanto restiamo in trincea con nuovi possibili lockdown se questa terza ondata farà altri danni.

Ma quando davvero tutto questo sarà finito grazie alle vaccinazioni di massa e, magari, ad una cura efficace per chi si ammala di Covid, resteranno le cicatrici dell’animo, le solitudini che stiamo vivendo, i danni che l’economia ha subito su tutti i fronti, nelle sue pieghe più profonde, dentro i suoi meccanismi più nascosti. Resteranno persone ancora nel bisogno, nella povertà che le ha colte di sorpresa come prima d’ora non era mai accaduto. Resterà il danno fatto ai nostri bambini, agli adolescenti, agli alunni di tutte le scuole d’Italia, agli anziani, alle famiglie divise. Alcuni danni saranno irreparabili essendo stati lutti e lutti profondi. Altri potremo ripararli e, magari, guarirli che si guariscono le ferite. Tutto quello che si potrà riparare dovrà essere riparato con la forza, il coraggio, la lealtà, l’entusiasmo di ogni nuovo inizio. La vita tornerà a prendere il sopravvento e sarà un po’ come rinascere dopo questo tempo lunghissimo di buio fitto e di paure. Quando questo accadrà, vi prego, non dimentichiamo mai le tante lezioni che sono arrivate a noi in questi mesi nostro malgrado. Arrivate nel silenzio, a ciascuno come è stato, ma arrivate comunque assieme all’inquietudine di un’esperienza ancora in corso che tutto ha travolto e tutto ha cambiato davvero.

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