Il tema del tradimento è molto diffuso ed abusato. Si parla di tradimento mentale, fisico, etico o morale. Tradimento di un’amicizia o di un amore, di un sodalizio economico o di un legame familiare. «Il tradimento – si legge – nasce da una condivisione e da una appartenenza: è un atto di relazione in cui vengono a perdersi fiducia, sicurezza, aspettative e senso di appartenenza perché viene violata la sacralità del “noi” e la reciproca vicinanza, come ad esempio la condivisione di un segreto o di un ideale». Sono tantissime le volte in cui ci sentiamo traditi non pensando che, tante più volte, siamo noi a tradire noi stessi. Agnese Scappini in merito ha idee molto chiare che condivido in pieno.
francesco de rosa
Passeggiava sul lungomare Agnese, che di questa stagione mette leggerezza ai pensieri. Ma il tema era tutt’altro che leggero. L’angolazione sovente è sempre la stessa. Sentirsi traditi è un atto che ci riporta a qualcuno: la moglie, il marito, l’amico, l’amica, un fratello, la sorella. E persino un genitore. Se l’orizzonte apre poi lo scenario degli affari economici l’elenco si allunga di molto. Il tradimento più noto della storia, in ogni caso, fu quello di Giuda Iscariota (I secolo dopo C.). Si racconta che Giuda fosse probabilmente originario di Kerioth (una città della Giudea) e che dopo essere entrato a far parte dei discepoli scelti da Gesù, “vendette” il suo maestro al sinedrio per 30 denari d’argento, segnalandone l’identità alle guardie con il celebre bacio. Voleva che il suo Maestro facesse di più e di diverso per ribellarsi al potere del tempo. Pentitosi dopo aver tradito, si impiccò a un albero (della specie Cerci siliquastrum, l’Albero di Giuda, che ancora oggi porta il suo nome). La storia narra di molti altri tradimenti tra regnanti, politici, coppie note di famiglie conosciute. Ma se la buttiamo nei tradimenti amorosi diventa un mare immenso. E nasce persino il sospetto che gli esseri umani trovino nel tradimento il modo per andare contro se stessi, le scelte che hanno fatto. Decine di libri entrano nel tema con dovizia e grande attenzione. Il saggio di Marcello Flores, per esempio, Il secolo dei tradimenti. Da Mata Hari a Snowden. 1914-2014 (Edizioni Il Mulino, 2017) – si legge – ha avuto il pregio di combinare una documentazione storica accurata con un’esemplare scorrevolezza di scrittura, capace di catturare il lettore anche non specialista e di condurlo nelle segrete vicende che fanno dire all’autore che il Novecento (cui si uniscono i primi 14 anni del XXI secolo) è stato il secolo dei tradimenti per eccellenza. Non che il tradimento, di individui e di governi, non sia stata una caratteristica diffusa anche nei secoli precedenti. Ma si direbbe che nel Novecento (forse anche perché si dispone di una maggiore possibilità di indagare e di documentare) il tradimento sia stato una delle categorie chiave della Storia. Una categoria usata a volte a sproposito, come nel caso del ‘tradimento’ dell’Italia per l’entrata in guerra nel 1915. O come quello con cui l’Impero Ottomano (e, tuttora, la Turchia) spiegava il genocidio degli Armeni giustificandolo con l’accusa che la popolazione armena si sarebbe armata contro il governo e avrebbe così favorito un’invasione russa dell’Anatolia orientale. Dei traditori e delle spie, veri e supposti tali, della Prima guerra mondiale il personaggio più noto è sicuramente Mata Hari, fucilata perché faceva comodo dimostrare come una pericolosa spia fosse stata brillantemente individuata. Anche se pericolosa non era, e forse neppure spia in senso proprio. Com’è ovvio Flores dedica il dovuto spazio alla famosissima danzatrice/traditrice. Ma nelle pagine precedenti ricorda un’altra ‘traditrice’ ormai quasi dimenticata, l’inglese Edith Clavel, direttrice dell’École Belge d’Infirmières Diplomées a Bruxelles, che nel Belgio occupato dall’esercito tedesco aiutò soldati inglesi e francesi feriti a raggiungere l’Inghilterra sfuggendo all’internamento in Germania. «Il mio scopo», dichiarò nel processo in cui veniva accusata di avere aiutato il nemico e danneggiato la Germania, «non era di aiutare il vostro nemico, ma di aiutare questi uomini che avevano chiesto il mio aiuto per raggiungere il confine». E quindi traditrice di chi? Di che cosa? Fuor di storia e di libri. Il tradimento è evento che può sconvolgere psicologicamente un individuo. Anche il più forte e pronto ad un simile evento. Ci si guarda attorno e invece dovremmo, sul tema del tradimento, anche guardarci dentro.
Tanto è vero che molto di meno e più raramente ammettiamo che a tradire la nostra indole, la natura che abbiamo, la nostra identità, la nostra missione di vita siamo proprio noi stessi. Il cambio di prospettiva non genera solo un gioco di parole: che se tradiamo noi stessi accade pur sempre quando permettiamo a qualcuno di metterci all’angolo. Ma rende molto meglio capire anche quello. Che qualcuno/a può tradirci e riesce a farlo tutte le volte che noi lo consentiamo. Perché in fondo «a nessuno fa piacere essere traditi. I tradimenti hanno segnato la storia dell’umanità. Non c’è cosa peggiore che svendersi. Quante volte ci lamentiamo del tradimento, di essere stati traditi o di sentirci traditi. Ma la maggior parte delle volte siamo noi a tradire noi stessi. Tradiamo noi stessi quando diciamo sempre sì. Quando ingoiamo un’ingiustizia per non dire perché pensiamo che il nostro pensiero non valga niente. Tradiamo noi stessi quando rinunciamo perché non ci sentiamo all’altezza. Quando smettiamo di desiderare perché tanto è inutile. Tradiamo noi stessi quando smettiamo di amare perché tanto fa solo male. Tradiamo noi stessi quando non ci riposiamo perché pensiamo di non fare mai abbastanza. E tradiamo noi stessi quando rinneghiamo e disprezziamo il nostro corpo che accoglie e sostiene tutte le nostre ferite. E a volte si espande per farlo e va fuori misura. E allora noi ce la prendiamo con lui».