Il 9 maggio prossimo compirò cinquant’anni. In questi giorni ho fatto le barricate al pensiero che accada. Ho persino cancellato dai miei profili facebook la mia data di nascita: ho scritto che sono nato il 25 dicembre del 1918: una data “a caso” che ho preso dalla fantasia di quell’istante. Ora si legge solo su wikipedia e su altre pagine sulle quali non posso agire, custodite dalle regole ferree del web, che nacqui quel giovedì del 9 maggio 1968 e che quest’anno saranno trascorsi da quel giorno i “primi” 50 anni.
Quest’anno il 9 maggio sarà di mercoledì e il bambino che c’è in me si ribella al solo pensiero che tra poche ore accada. Folle, visionario, controcorrente, tenace e ribelle sono arrivato a questa data in un lampo convinto che, certo, le date sono una convenzione del calendario con il quale abbiamo organizzato il tempo. Ma una data così mette addosso una strana emozione. Sono ricordi, eventi, squarci di luce, stagioni vissute che sembrano irreali, mete, conquiste, libri letti, libri scritti, libri pubblicati, la laurea in filosofia, i mesi di Londra e quelli di Roma, la nascita della casa editrice, il mestiere che scelsi di fare, le centinaia di interviste realizzate, i grandi testimoni del nostro tempo o le storie che nessuno conosceva prima, giorni luminosi accanto ad altri che furono di tormenti, conquiste o battute d’arresto. Sono volti, legami, amici ed ardori, gli appuntamenti culturali e le centinaia di presentazioni e conduzioni che nemmeno conto più a cui ho dato sempre l’impronta e l’anima di me. Sono banchi di scuola per chi, come me, è convinto che nella vita c’è una scuola che non chiude e non finisce mai.
Io sono nato in una angolo del mondo, nella provincia di Napoli, da una donna straordinaria ed unica che ha fatto del lavoro un’etica di vita e piega ancora la schiena chinata sopra una macchina che cuce stoffa bianca e d’avorio come faceva quand’ero bambino. Mio padre mi fece venire al mondo dietro una bugia che solo dopo tempo fu vista davvero tant’era amore di giovinezza e d’innocenza quel che aveva legato lei a lui. Io sono nato lontano dagli agi che quando fui bambino la mia casa era la strada e a soli dieci anni nessuno avrebbe scommesso le mille lire di allora attorno all’idea di ciò che avrei fatto di me. Io sono nato in mezzo ai sacrifici: mia madre ha lavorato da quando aveva 12 anni, da quando rimase orfana di padre così legata al senso alto di una responsabilità. Da quando restò incinta di me e non risparmiò un solo fiato per darmi ciò di cui avevo bisogno. Sarà vero, come è vero che tutte le esistenze hanno sempre qualcosa di eroico e vogliono eroi ed eroine sfidare i destini e le avversità della vita. Eppure certe storie hanno il destino di andare oltre ogni limite. Non vi è stato nulla di quel tempo che non sia diventata una lezione di vita per me. Fui bambino così, ad osservare quanti anni in più avevano dentro quei pochi anni che fanno un’infanzia.
Cinquant’anni dopo il bambino che c’è in me non cede a compromessi. È rimasto pulito, leale, testardo, lontano dalla politica di ogni genere, dai partiti, dai poteri forti, dai salotti/bene, dai privilegi di ogni tipo, dalle vanità senza senso, dalle ostilità dei pensieri dominanti, lontanissimo dalla voglia di avere una fama. È rimasto limpido nel cuore, il bambino che vive in me, capace di meravigliarsi davanti al mare, all’alba e all’imbrunire, davanti alle stelle, ai bambini e agli anziani; di restare in silenzio nelle notti buie ad aspettare l’alba. Impegnato a lottare per il bene, la legalità, la giustizia. Ad onorare la memoria di coloro che ho potuto amare perché li ho conosciuti e li conosco anche ora che non ci sono più: amici d’infanzia, d’orizzonte e di vita che sono stati come fratelli in questi anni. È rimasto poeta il bambino che c’è in me anche quando si è fatto grande. Grato anche davanti alla vita e agli anni che oggi mi sono messo a contare, persino davanti alle avversità, all’odio, al livore dei miei simili, agli errori che ho fatto, alle scelte sbagliate, alle azioni e reazioni di quei nemici che nemmeno conosco, che neanche vedo perché a cinquant’anni, tra poche ore, io vedo come quando avevo cinque anni: solo l’amore che rende tale la vita. Amore che vuole gesti di coerenza, che non ammette soltanto l’ebbrezza di una teoria ma chiede azioni e azioni ancora. Amore che non mette mai davanti se stessi, i propri interessi, i propri averi dacché nessun sudario ha mai avuto le tasche e nulla porteremo con noi di ciò che possiamo accumulare.
Cinque mesi fa ho voluto lasciare un posto fisso ed un contratto a tempo indeterminato che mi metteva al riparo da ogni rischio con l’unica idea di difendere assieme alla mia più assoluta libertà anche la mia limpida lealtà. Ora viaggio ovunque per portare pane e companatico ai miei figli che sono cuore e passione, che mi insegnano a vivere e a coltivare la spontanea saggezza che i bambini/adulti hanno dimenticato. Oggi mi onoro di camminare nella vita con l’unica vera compagna che la vita mi ha dato: colei che accudisce e cura i miei figli. Dalla mia primogenita – con la quale ho trascorso nella pioggia e nel vento, nel sole e nel sogno già venti anni – alla più piccolina che di anni ne ha solo cinque e passano per lo sguardo arguto e fantastico dell’unico maschio che ho messo al mondo. Sono loro che, a cinquant’anni tra poche ore, mi danno l’idea concreta e straordinaria di famiglia che resta sempre un valore assoluto oltre tutto e tutti: una comunità che deve essere protetta e curata in ogni stagione della vita.
Adesso conto qualche ora in meno. Mentre scrivevo è iniziata la settimana di miei primi cinquant’anni. Ho voluto evitare ogni festa quasi fosse più giusto osservare quel sacro silenzio che muove le cose e anche gli anni: nulla di quello che conta davvero nella vita arriva facendo baldoria. Solo il desiderio di dire qualcosa alla vita, magari per ringraziarla, raccogliendone onori ed oneri, ha voluto che raccontassi in mezzo a queste parole anche l’emozione che provo. Mille e mille ancora di questi giorni e mille giorni a voi per onorare assieme ogni istante di ciò che Dio ha previsto per noi. È un grande atto d’amore del quale nessuno di noi, sono certo, si pentirà. Apriamo le porte ad ogni ricerca scientifica per sconfiggere quei mali che uccidono il corpo, inseguiamo ogni sforzo per fare della verità una vera affermazione di giustizia. Ricuperiamo la meraviglia fantastica che può venire dalle persone che incontriamo, dalle stagioni del creato, dalle nuove imprese a cui siamo chiamati, dalle utopie che trovano spazio in noi. Diamo valore e spazio ai bambini che abbiamo messo al mondo, alla magia che la nostra voce può dare quando parliamo a loro di tutte le stelle che sono nel cielo. Chi mai ha visto così da vicino una sola di quelle stelle del cielo tanto da sapere come e quando arrivarci?